La condizione del precario è quella della esistenza. Lo slogan della manifestazione del 9 Aprile è davvero condivisibile.
IL NOSTRO TEMPO E’ ADESSO. LA VITA NON ASPETTA.
Questa è realmente la condizione umana, ma non solo quella dei precari, ma quella di ognuno di noi.
Infatti, banalmente, l’unica certezza che abbiamo è la morte.
E’ vero che chi ha un lavoro precario deve combattere quotidianamente per cercare di ottenere una maggiore stabilità nel proprio lavoro. E’ vero che spesso ci sono condizioni di lavoro disumane, ma più legate, secondo me, alla stronzaggine di chi ti offre il lavoro che non alle condizioni delle leggi.
Certo, ci sono leggi antipatiche, che permettono lo sfruttamento e il ricatto della gente che ha urgenza e necessità di lavorare per sopravvivere, ma se le persone e le imprese che offrono il lavoro hanno un rapporto umano con i loro dipendenti e non li considerano al pari di automi che devono semplicemente eseguire un compito, queste leggi passano in secondo piano e i dipendenti, i collaboratori diventano un patrimonio per le imprese piuttosto che un semplice costo.
Ma dipende prima di tutto dalla persona, dal singolo imprenditore, dal suo atteggiamento nei confronti del prossimo.
La migliore legge che protegge il lavoro non potrà mai comunque cambiare l’atteggiamento di colui che odia e disprezza i propri dipendenti.
D’altra parte la condizione precaria è anche degli stessi imprenditori. Quante aziende chiudono? Quanti sono costretti a lasciare la loro attività che magari hanno da poco costituito sacrificando i risparmi di una vita?
La precarietà è una condizione dell’esistenza. Lo sa bene chi affronta il mare o viaggi comunque disagevoli in cerca di fortuna. Chi viene dall’Africa in questi giorni, senza sapere nulla del proprio destino, avendo come bagaglio soltanto la speranza di una vita migliore. Per arrivare qui ed ottenere magari soltanto un marchio che, se non stiamo attenti, tra poco qualcuno potrà pensare di marchiare col fuoco: CLANDESTINO!
Questa speranza e questa voglia di combattere quotidianamente, che accomuna tutti quanti, sono anche la nostra forza, e sono anche ciò che ci permette di godere della vita che abbiamo oggi, adesso, subito.
Perché è meglio non dimenticare mai che la vita è una condizione del tutto provvisoria.
Ti dribblo continuamente,
anche se il tuo alito fetido mi perseguita.
Ti ignoro e ti sfido,
ma ti evito ogni volta che freno prima di una curva.
Apprezzo ogni respiro come la prova che tu sei lontana,
chiudo gli occhi ogni notte avvicinandomi al buio inutile.
Arriverai certamente, ma non so quando non so dove,
non so neanche perché.
Forse semplicemente
quel giorno avrò bisogno di te,
o tu di me.
Sabine Meyer, fotografa, vive da alcuni anni nel Piceno.
Thomas Meyer, musicista e videomaker, esige sempre l’alta qualità nelle sue produzioni audio e video.
Il suo ClassicConcept effettua riproduzioni fedeli per differenti artisti in tutta la Germania.
Alla luce di questa esperienza i due fratelli Meyer hanno deciso di collaborare in un ambizioso progetto nell’estate del 2009, raccogliendo testimonianze di cultura, arte e gastronomia nel Piceno, sempre immerso in un contesto naturale di indiscutibile bellezza.
Ne risulta un documentario di 90 minuti denso delle più svariate esperienze, sempre con una grande attenzione per l’estetica.
Sabine Meyer ha saputo raccogliere in breve tempo il lavoro di artisti residenti nel Piceno.
Alcuni di loro sono nativi della splendida provincia di Ascoli Piceno, mentre altri si sono trasferiti proprio in questi luoghi, magari provenendo da altri Paesi Europei, seguendo una “magica” ispirazione che i paesaggi suggeriscono.
Scultori, pittori, poeti e musicisti si susseguono tra un panorama e l’altro illustrando con umiltà un assaggio del loro lavoro.
Un’attenzione particolare per i lavori antichi e tradizionali che hanno contribuito ad edificare il carattere Piceno.
Dalla pesca all’artigianato, dalla cucina all’agricoltura si può godere di una visione originale del territorio.
Il video evidenzia la relazione tra la cultura antica e le giovani generazioni che spesso hanno saputo raccogliere lo spirito delle tradizioni e utilizzarlo per la propria crescita.
Il patrimonio artistico di Ascoli Piceno e di altri paesi della provincia sono descritti con cura dagli operatori culturali del luogo. Le immagini hanno una grande forza descrittiva ed artistica e i commenti definiscono semplicemente il contesto storico delle grandi opere riprese.
Infine la gioia delle feste e del divertimento traspare spesso nella bellezza del paesaggio.
Il mare e i dolci pendii delle colline tra viti ed ulivi, glicini e girasoli completano un percorso che risulta essere un semplice invito a visitare personalmente luoghi così ricchi di cultura ed accoglienti.
La sua cadenza era particolare, nei suoi proclami:
“La televisioone
UCCIDE
…
conlonda!
…
…
La chiesa
e la televisioone
Uccidono
conlonda!”
Difficile riprodurlo scrivendo se non l’hai mai ascoltato.
La sua missione faceva ormai tenerezza, nessuno gli dava più peso, ma nessuno lo prendeva in giro.
Non chiedeva niente a nessuno e in genere tutti lo ignoravano.
Le sue scritte arrivavano per tutta Milano e ci facevano compagnia, erano una testimonianza dei suoi pellegrinaggi, della sua vita girovaga e della sua presenza.
La sua poesia ripetitiva entrava comunque nella mente, come un mantra potente che comunque ti poneva interrogativi.
Per me era in parte inquietante, con la sua sicurezza e la sua ripetitività.
Era innocuo. Umile e potente allo stesso tempo. Tanto che chiunque a Milano in quegli anni ne ha memoria.
Aveva la forza di parlare al vento e di non stancarsi mai!