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Giornata di merda
W l’Amore !
Fa sorridere trovarsi in fila al supermercato e ricevere sul telefonino i messaggi, quasi in contemporanea, di qualcuno che apprezza il mio blog!
Liliana che addirittura propone un “Giosby for President” che davvero mi commuove…
e Cosimo Archibugi, che intuendo la mia dedizione alla psicanalisi, per me utilissimo strumento per districarsi nelle vicende della vita, seppure “non condividendo” considera “giusta”la mia fiducia nell’amore.
Ma questa “fiducia nell’amore” è un tema che va approfondito, e che vorrei spiegare un po’ meglio.
Infatti non si tratta di un tema “morale”, come inteso da Cosimo Archibugi, ma di un tema scientifico.
La psicanalisi è una scienza che si occupa dello studio della psiche, ma vive nella contraddizione apparente per cui soggetto ed oggetto di studio coincidono.
Spiego meglio: se io, Giorgio, intendo osservare Carlo, i suoi sentimenti, le sue emozioni, ciò che di lui non è “misurabile” come la temperatura del corpo o la pressione arteriosa, il peso e l’altezza e il colore degli occhi …, dispongo soltanto della mia sensibilità.
Al di là di ciò che Carlo “dice” con il linguaggio verbale e non verbale, esiste ciò che Carlo “suscita in me stesso”: emozioni, paura, rabbia, disagio, amore, odio etc etc.
In questo senso l’idea generica dell’amore è soltanto una chiave di lettura del mondo.
Ognuno di noi per sopravvivere ha bisogno di amore. Quando ci si sente non amati si perde anche la capacità di amare. E questo molte volte ha conseguenze drammatiche.
Poi l’amore permette di sopravvivere soltanto se si hanno sufficienti mezzi “economici” di sussistenza.
“Tutti sappiamo che i bambini del terzo mondo, nonostante le cure materne, muoiono di fame.
Pochi invece sanno che anche i bambini nei paesi a più elevato sviluppo socio-economico, che hanno a disposizione cibo in abbondanza e cure igieniche adeguate, si ammalano fino a morirne, se sono privati delle carezze e del contatto di cui hanno così tanto bisogno. René Spitz (Il primo anno di vita), noto neuropsichiatra infantile degli Anni Trenta, ricercò e studiò a lungo (ne “Il primo anno di vita del bambino”) le cause del marasma infantile, malattia caratterizzata da progressivo deperimento organico, che portava a morte i piccoli ospiti degli orfanotrofi americani.
E alla fine giunse alla conclusione che nell’ambiente asettico, bianco e silenzioso delle nursery, quello che mancava era un contatto caldo, affettuoso, variato, che costituisse lo stimolo della vita e della crescita.
I bambini in stato di carenza affettiva attraversavano vari stati di depressione sempre più profondi fino a lasciarsi morire.”
(FONTE: Tatto e bisogno di contatto pag 32/33)
Ciò che noi proviamo, in rapporto con gli altri, è un continuo mutamento dei nostri stati d’animo.
Noi cambiamo continuamente, e una grande parte dei cambiamenti del nostro sentire “amore” è in rapporto al nostro vivere insieme agli altri in un continuo scambio emotivo ed affettivo.
Adesso io ritengo che la sopravvalutazione degli aspetti economici, su cui tutto il mondo politico punta per ottenere i voti per essere eletti e riuscire a governare un Paese, con notevoli vantaggi economici anche per se stessi, sia una malattia del nostro mondo da cui difficilmente potremo guarire.
- Il percorso di riappropriazione della nostra affettività, poterla riconoscere come un aspetto fondamentale della nostra esistenza.
- La capacità di leggere il proprio vissuto, la propria sensibilità e accettarla come una ricchezza che ognuno di noi possiede e che può utilizzare per godere della propria vita.
- Lo scambio affettivo continuo che è al centro dell’esistenza.
Questi sono gli aspetti che potremmo porre al centro della nostra vita politica, della nostra proposta di riforma dell’organizzazione sociale.
Perché se il concetto di ricchezza non è più legato al possesso di beni materiali, bensì alla propria ricchezza interiore, alla propria ricchezza affettiva, allora i parametri su cui centrare la propria attività politica e sociale cambiano completamente.
Le nostre rivendicazioni chiederanno maggior TEMPO piuttosto che maggior DENARO.
Ma invece viviamo in un epoca dove la cultura dell’ultimo vincitore delle elezioni (non dimentichiamoci di Berlusconi, un simbolo della scelta che una buona parte di Italiani ha fatto) è quella di un uomo che con i soldi può comprare qualsiasi cosa, dai calciatori ai giudici, dai parlamentari alle donne.
E proprio su questo sistema di comprare le donne, che poi lo ritroviamo nella vita sociale di una gran parte dei maschi italiani che si rivolgono alla prostituzione, che cade completamente il tema dell’amore.
L’amore, nel suo aspetto fisico, perde di significato in senso emotivo e diventa semplicemente una moneta di scambio economico.
E così il cerchio si chiude, i valori sono ribaltati e la modalità di rapporto economica prevale completamente sulla modalità di rapporto simbiotica.
Perciò il mio “W l’Amore” non è uno slogan “morale”, ma il frutto di una ricerca scientifica che ci dimostra che senza l’amore si muore, esattamente come si muore senza cibo.
Quando penso ai numerosi suicidi di questi tempi, anche di imprenditori che si ritrovano sommersi dai debiti, immagino queste persone che hanno dedicato la vita al lavoro per ritrovarsi con una situazione dove il denaro rappresentava la totalità dell’esistenza, e la sua mancanza ha determinato la loro tragica scelta. Persone che purtroppo hanno perso la dimensione e l’equilibrio degli aspetti della vita, un bene prezioso, in cui il prevalere del dio denaro può uccidere…
Un sentito “Grazie” ai generosi commenti che mi hanno stimolato per scrivere quanto sopra!
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Illusioni di un giorno festivo.
La mente sempre confusa
cerca appigli di verità.
Cerca invano la fiducia,
la certezza limpida.
Trova invece il dubbio
e la paura prevale,
mentre masse di invasati
venerano improbabili divinità.
Ognuno il suo credo
tanto sicuro quanto folle,
anche quando il mito
rivela la sua misera umanità.
Umani imperfetti, sempre
alla ricerca di …
parole inutili che esprimano
la nostra inaccettabile fragilità.
Vorremmo comprendere tutto
ed ignorare il nostro essere nulla,
poco più che un soffio di vita
in un immenso deserto di tempo immobile.
2012: un anno eccezionale!
Sarà sicuramente eccezionale! Con tutte le pessime previsioni che ha addosso mostrerà senza dubbio le qualità di un anno fuori dal comune. Un anno di transizione con cambiamenti imprevedibili, al di là delle previsioni più funeste!
Mio Papà mi diceva sempre: “se Dio vuole” per rammentare che la nostra volontà è sempre importante, ma in certi casi nulla è nelle nostre mani.
Buon Anno a tutti
Acrobazie
ci sei, non ci siamo
ti vedo, ma non troppo
ascoltiamo la stessa musica
ma io ballo mentre tu dormi
*
corri quando gioco
inseguendo la mia follia
cullando il mio riposo
che il corpo mi infligge
*
inutile pausa
che costringe il mio pensiero
nell’abisso
della riflessione
*
poi finalmente accelero
inseguendo fantasmi
scalzo e ferito
ritrovo la mia pace
*
The Doors – People are Strange
N.B. Il testo non ha nessun riferimento con le persone ritratte nella foto. Si ringrazia Sabine Meyer per la foto concessa.
Le differenze tra Anders Breivik e Silvio Berlusconi.
“Non sento di essere suo padre.”
“e del resto da quel figlio ha preso le distanze ormai da anni: è dal 1995, ha detto, di non avere contatti con lui, dal giorno del 16esimo compleanno del ragazzo. A troncare i contatti è stato proprio Anders: «Non abbiamo mai vissuto insieme – ha precisato Jens Breivik -, abbiamo avuto solo qualche contatto quando era bambino.”
Queste sono le dichiarazioni del padre di Anders Breivik, l’uomo che in Norvegia ha sterminato una settantina di ragazzi indifesi.
Non sono riuscito ad avere molte notizie della biografia di questo ragazzotto la cui lucida follia ha causato tante vittime.
La madre e la matrigna (ex seconda moglie del marito) si sono nascoste per evitare le domande dei giornalisti.
Sappiamo poco, ma sappiamo per certo che la relazione con il padre era interrotta dall’adolescenza di Anders.
Il padre ha la GIUSTIFICAZIONE pronta: non sento di essere suo padre (!!!)
Eppure è suo padre.
Essere padri richiede un certo impegno. Se lo è mai chiesto il Sig. Jens Breivik ?
Perché poi è possibile che un figlio, pur di farsi notare da suo padre, uccida tanti ragazzi, suoi ex coetanei che magari hanno una gioventù serena, con il sostegno delle loro famiglie, che li mandano fiduciose al campeggio laburista.
Per quanti anni la mente di Anders Breivik ha covato odio e rancore per un padre reale ma assente?
Avrebbe potuto raggiungerlo, chiedergli aiuto? Forse sì. Però, bisogna notare che anche il padre non pensa che avrebbe dovuto rivolgersi a lui prima di agire con la tremenda violenza che tutti conosciamo, ma che avrebbe dovuto suicidarsi piuttosto che uccidere tante persone.
E dice semplicemente che adesso non lo vuole mai più rivedere.
Evidentemente anche quest’uomo fugge dalla realtà e preferisce cancellarla piuttosto che confrontarsi con essa.
Ho letto di complotti contro la Norvegia ed altre ipotesi più o meno fantasiose. Non so, non credo. Ma tutto è possibile in questo mondo ormai incomprensibile. Resta il fatto che a compiere queste azioni è stato un uomo. Manovrato e istigato? Chissà?
Ma è lui che ha guardato in faccia quei ragazzi e ha premuto il grilletto.
Nel fare qualche ricerca mi sono imbattuto in uno dei suoi miti: Vlad Tepes l’Impalatore.
La sua storia si interseca tra leggende di Dracula e la Transilvania e lotta contro l’avanzata dell’impero Ottomano.
Anch’egli fu consegnato dal padre Dracul come ostaggio al sultano nel 1444 all’età di 13 anni. Non penso che il giovanissimo Vlad abbia potuto capire e apprezzare il gesto del padre …
Un’altra separazione dal padre nel corso dell’adolescenza che innesta una spirale di violenza inaudita.
Fu educato dai turchi all’arte della guerra e, in mezzo alle storie rocambolesche del 1400, diventò infine Principe di Valacchia.
Riporto un passaggio di Wikipedia per comprendere la brutalità di quest’uomo:
“Dracula apprese questa forma di supplizio (l’impalamento) dai turchi, adattandola poi alle sue più specifiche richieste: creò metodi diversi per impalare i ladri, i guerrieri nemici, gli ambasciatori del Sultano, i traditori ecc.
- I ricchi venivano impalati stendendoli più in alto degli altri o facendo ricoprire l’asta d’argento.
- Per i mercanti fece incidere delle tacche sull’asta, al fine di aumentare il tempo dell’agonia.
- Nella città di Sibiu, nel 1460 Vlad Ţepeş fece impalare 10.000 persone, e cosparse alcuni corpi con miele per attirare ogni tipo di insetto.
- Le donne macchiatesi di tradimento nei confronti del marito venivano impalate davanti alla loro casa.
- Nel 1459, durante il giorno di san Bartolomeo, a Braşov, Dracula fece invitare a palazzo alcuni mercanti che avevano mostrato odio e disprezzo nei confronti della sua persona. Decise di farli saziare di cibo e, quindi, fece sventrare il primo e obbligò il secondo a mangiare ciò che il collega, ormai senza vita, aveva nello stomaco. L’ultimo mercante venne fatto bollire e la sua carne fu data in pasto ai cani.
- Nel 1461 due ambasciatori del Sultano turco Mehmed arrivarono nel palazzo, poiché quella era l’occasione per Vlad III di fare la pace con il sultano Mehmed che era il suo nemico più potente e il cui impero musulmano poteva distruggere la Valacchia senza il minimo sforzo. Quando si prostrarono ai piedi di Vlad III chinarono la testa in segno di rispetto, ma non si vollero togliere il turbante perché rappresentava il simbolo della loro religione. Ma quel gesto fu fatale, perché era un segno di disprezzo per Dracula, che irritato da quel gesto, ordinò di inchiodare il turbante alla testa degli ambasciatori.
- Lo stesso Dracula amava assistere all’agonia dei suppliziati, tanto da prendere l’abitudine di banchettare in mezzo alle forche su cui erano gli impalati.
Sempre nel corso di queste ricerche ho trovato un sito dedicato ai serial killer, dove troviamo calendari di serial killer e storie di moltissime persone che hanno commesso numerose atrocità. A giudicare dalla sola esistenza del sito non sono poi rarissimi i cultori dell’omicidio e neanche i malati di mente…
Insomma, per farla breve, possiamo osservare come una grave carenza nel rapporto con il genitore omologo può condurre ad una totale anestesia del sentimento (altrimenti non si spiega la freddezza nell’uccidere e nell’osservare le sofferenze altrui nella più totale indifferenza) e, nelle situazioni peggiori al verificarsi di tremendi delitti.
E’ evidente la carenza del rapporto primario:
Detto questo possiamo pertanto anche affermare che queste persone sono certamente colpevoli di orrendi delitti, ma anche vittime della loro malattia, una malattia che purtroppo ha gravissime conseguenze su numerosi innocenti che non hanno alcuna possibilità di scampo.
Ma veniamo adesso al nostro termine di paragone: Silvio Berlusconi.
Nella sua biografia si legge: (PAG. 4)
“NEL NOME DEL PADRE
La grande personalità di Luigi Berlusconi ha inciso profondamente nella vita del fondatore della Fininvest. Per Silvio è stato un genitore, un consigliere, un amico. E fino all’ultimo giorno è stato al suo fianco.
Padre severo, ma affettuoso e poi amico e consigliere, Luigi Berlusconi è una presenza centrale nella vita di Silvio …”
E anche quando Silvio dedica la vittoria del suo Milan al padre leggiamo Silvio che ricorda quando andava con il papà allo stadio (PAG.19):
“E finalmente, la mano nella mano, eccoci là all’entrata dello stadio, l’Arena o San Siro, e io a farmi piccolo piccolo per profittare di un solo biglietto in due”
In questo passaggio vediamo che Silvio, mano nella mano con il papà, confessa ingenuamente di avere appreso da lui l’arte della furbizia. Quel “farsi piccolo piccolo” che gli permette di non pagare il biglietto.
Possiamo chiederci oggi quanti biglietti non ha pagato e non vuole pagare il nostro “buon” Silvio facendosi piccolo piccolo?
E tra questi conti che Silvio non vuole pagare, ci sono morti altrettanto inutili? Morti per incuria? Morti per distrazione? Morti di cui i responsabili vengono coperti? Morti che hanno procurato denaro a chi poi si è dedicato a ricostruire le vite distrutte? Morti che nessuno può imputare al nostro Silvio, di cui neanche lui si sente colpevole.
Stefano Cucchi, per esempio. Quando morì il suo ministro La Russa dichiarò: ” di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione”.
E Berlusconi dov’era? Si faceva piccolo piccolo e non pagava il biglietto.
Quante storie possiamo raccontare dove abbiamo avuto morti anonime, ma Silvio mai nessuna responsabilità, nessuna complicità, niente, mai niente di niente. Ne esce sempre immacolato.
Ma allora dove sta la differenza?
Andres Breivik è una vittima malata che ha ucciso perché non ha trovato altra soluzione alla sua follia.
Silvio Berlusconi ha avuto una relazione forte con suo padre, a quanto afferma lui stesso, e pertanto ha una forte personalità e potrebbe anche scegliere di non uccidere, di non essere complice, di non coprire i misfatti e le morti inutili del nostro paese, ma non lo fa.
Lui si fa piccolo piccolo, ha imparato così a farla franca. Silvio ha la libertà di scelta e sceglie male. Ha tutte le sue responsabilità, ma riesce sempre a nasconderle grazie al suo potere.
Breivik fa tanta rabbia e tanta pena, e comunque si trova in galera. Egli ha ucciso senza pietà, accecato da un delirio.
Berlusconi fa tanta rabbia, ma a me non fa alcuna pena. Fa soltanto orrore.
Egli uccide senza mostrare a nessuno la propria responsabilità, probabilmente neanche a se stesso.
Infatti nessuno lo accusa, a parte qualche parente di povera gente uccisa “dal Fato”.
Equilibrio precario
Abbiamo bisogno di equilibrio, sempre.
Poggiamo i piedi su una terra che ci dà sicurezza o su un filo sospeso nell’aria.
L’equilibrista sceglie di mettersi in una situazione di pericolo per mostrare la sua abilità, mentre noi, talvolta, ci sentiamo sospesi nel vuoto nostro malgrado.
Precarietà, instabilità, paura del futuro sono le parole che l’anno appena concluso ha diffuso sempre di più.
E questo determina le nostre incertezze, il nostro sentirsi appesi a un filo.
Ma ci sono aspetti non sempre espliciti in questo equilibrio precario.
Sembra che nella lotta tra avere o essere di Erich Fromm, la prevalenza dell’avere nella nostra società sembra avanzare incontrastata.
Eppure l’equilibrio non è dato semplicemente dal possesso di beni.
Vittorio Volpi, psicanalista, scriveva:
“La salute mentale si fonda sull’equilibrio fra due modalità di rapporto con la realtà circostante: quella di natura economica e quella di natura simbiotica.
La modalità di natura economica mediante l’intelligenza razionale (o ragione, capacità di rilevare e collegare fra loro secondo nessi logici i fenomeni osservati) interviene a stabilire il rapporto psicofisico con il contesto circostante, per garantire la sopravvivenza fisica dell’individuo.
La modalità di natura simbiotica si vale del sentimento (o sensibilità emotiva, capacità di commuoversi, ovvero di sentire e di esprimere i contenuti emotivi, in sè e nella comunicazione con gli altri. Da non confondersi con la capacità di provare determinate emozioni, quali la paura, l’ira, la gratificazione, la soddisfazione) nello sviluppo del rapporto psicoaffettivo con il proprio contesto umano e ambientale, e garantisce la sopravvivenza emotiva dell’individuo.”
(Vai all’articolo per approfondire)
Da queste righe si deduce che:
Se temiamo per la nostra sopravvivenza fisica, per i nostri bisogni, possiamo ricorrere ai nostri affetti per cercare di compensare le nostre carenze.
In effetti i poveri sfortunati che muoiono magari di freddo in questi giorni nel mondo occidentale, con ogni probabilità non hanno nessuno al mondo a cui chiedere aiuto; cioè la loro povertà, oltre che economica, è anche affettiva.
Se invece temiamo per i nostri sentimenti, li consideriamo inaccettabili, non siamo più in grado di riconoscere l’amore che i genitori provano (o hanno provato) per noi come un sentimento che ci riscalda, che ci rassicura, che ci fortifica, allora per forza di cose ricorriamo ai bisogni materiali, e in tal senso siamo portati a sopravvalutare i nostri bisogni reali e a sentirci deprivati se non godiamo di tutte le comodità che il mondo moderno ci propone.
Scriveva ancora Vittorio Volpi:
“Come si manifesta la perdita dell’equilibrio fra la modalità di rapporto di natura economica e quella di natura simbiotica, a danno di quest’ultima?
Principalmente con l’instaurarsi dell’anestesia del sentimento e, di conseguenza, con l’ipertrofia delle facoltà razionali per compensare le carenze sul versante affettivo.”
Alla luce di queste considerazioni occorre chiedersi se la nostra società moderna non sia di per sé completamente sbilanciata verso il materialismo, ovvero verso quella modalità economica dove sembra che l’unica cosa importante sia il consumo e il possesso di oggetti sempre più potenti da un punto di vista tecnologico.
Diventando sempre maggiori le necessità economiche di una società che sopravvive soltanto grazie a una iperproduzione di oggetti per lo più superflui, le capacità tecniche più importanti, oltre a quelle legate alla produzione industriale, sono proprio le tecniche di persuasione che, grazie a leve di tipo emotivo, riescono a condizionare la nostra percezione del mondo.
Ormai siamo diffidenti verso qualsiasi prodotto che non abbia un sufficiente supporto pubblicitario.
Ciò significa che quando noi compriamo un prodotto paghiamo, oltre al costo della produzione i costi legati alla diffusione del prodotto.
Cioè io compro l’auto X piuttosto che Y perché la comunicazione che ha svolto X è più convincente di quella di Y.
Almeno per me, che non sono altro che un individuo che fa parte di un certo gruppo di individui che costituisce l’obiettivo dei comunicatori di X.
Ma questa necessità di vendere ha bisogno di una carenza affettiva sulla quale costruire i bisogni.
Perciò la società è portata a distruggere i rapporti affettivi, in quanto essi non sono altro che una distrazione dal consumo.
La stessa diffusione del fenomeno dei single, che tendono a diventare più numerosi delle famiglie, ha un bel riscontro nel consumo. Vediamo per esempio che, secondo la Coldiretti, “La spesa mensile per gli alimenti di un single ammonta a circa €312,00/mese mentre quella di una famiglia ammonta a circa €190/mese. Quali sono le ragioni alla base di questa tendenza?”
Ma quali sono le conseguenze di questo disequilibrio? Che risvolti pratici può avere per noi conoscere queste cose?
Possiamo fare molta attenzione a tutto ciò che tende a separarci dai nostri affetti.
Si comincia subito, anche prima della nascita, preparando un parto dove la separazione tra madre e figlio sarà immediata, sempre che si abbia la fortuna di riuscire ad evitare un parto cesareo che esclude la mamma dalla coscienza della nascita.
Poi si continua sabotando l’allattamento al seno e si va avanti raccontando fandonie sugli asili nidi che già a sei mesi aiuterebbero i bambini a socializzare …
E si continua a interferire in ogni modo nel rapporto d’amore tra genitori e figli, grazie agli esperti, sempre più competenti dei genitori, alla scuola dove i genitori sono spesso vissuti come la causa delle difficoltà dei figli e dove il giudizio scolastico pesa come un macigno ed è squalificante nei confronti dell’autorità dei genitori.
Infatti l’autorità dei genitori passa subito in secondo piano, anzi viene annullata in confronto a quella degli insegnanti che hanno il potere di assegnare un voto, un giudizio che assegna ad ogni bambino un suo valore “oggettivo” poiché proviene dall’esterno della famiglia.
In effetti la scuola, così com’è attualmente strutturata, con i suoi giudizi, valuta non soltanto i ragazzi ma anche le loro famiglie, minando le sicurezze e le capacità dei genitori.
In definitiva il nostro equilibrio sembra sempre più appeso ad un filo, ma sta a noi fare attenzione a non farsi abbindolare, ad evitare di pensare che tutto dipenda da ciò che possiamo permetterci e ciò cui dobbiamo rinunciare.
Sta a noi impedire che le esigenze materiali ci costringano ad un eccessivo allontanamento dai nostri affetti, che hanno bisogno di essere coltivati, hanno bisogno di tempo e non soltanto di un paio di scarpe nuove.
Attenzione, cadere dal filo cui siamo appesi fa male!
Lettera aperta a Lameduck, fumando il calumet della pace!
Da alcuni giorni discuto un po’ animosamente con Lameduck
Il tema del dibattito ha origine nel post di Lameduck riguardante l’omicidio di Sarah Scazzi: A chi non ti ha difesa
Il punto di vista di Lameduck è originale e interessante ed individua nell’omertà delle altre donne della famiglia il vero responsabile della tragedia che, secondo l’autrice, poteva essere evitata.
Non mi dilungo sulla questione, chi ne ha voglia legga l’articolo e i relativi commenti.
A un certo punto però, tra me e Lameduck avviene un corto circuito. Sembriamo proprio due caproni che si tirano cornate uno contro l’altro a testa bassa.
Sto cercando di capire il motivo di questo scontro e se può essere utile in qualche modo, anche perché su diversi punti le idee mie e di Lameduck convergono.
Per esempio concordiamo sul fatto che i disagi all’interno della famiglia possano e debbano essere prevenuti, con una educazione che abitui al dialogo e ad una serena espressione dei propri sentimenti.
Tuttavia a un certo punto, tra un commento e l’altro, io scrivo:
Continuo asserendo che l’articolo di Lameduck si inserisce in questo contesto di attacco alla famiglia.
Il mio discorso viene ignorato e ridicolizzato da Lameduck:
Intanto sembra che l’unica cosa che mi interessi sia competere con lei:
“Dai, vuoi solo rubare la scena, ammettilo.”
Questa frase nega qualunque valore al mio discorso, sembra che io scriva non tanto per comunicare un’esperienza e delle conoscenze, ma per arrecare danno a Lameduck !!!
Ma quello che più mi fa incazzare è che io porto l’esempio dell’allattamento al seno semplicemente per spiegare un fenomeno come quello dell’ INTERFERENZA SOCIALE ED ECONOMICA sulla vita della famiglia, e questo esempio viene preso per criticare l’allattamento al seno, come se si trattasse di una scusa banale per colpevolizzare ancora una volta le donne!!!
Scrive infatti Lameduck:
Su questo è bene precisare alcune cose:
1. L’allattamento al seno è un’ottima prevenzione anche per il disagio psichico.
2. E’ consigliato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità l’allattamento al seno fino oltre i due anni di età.
3. Ridicolizzare questo utilissimo strumento preventivo fonte di benessere e di sanità per la donna e per i bambini fa parte dello stesso tipo di sabotaggio che la società svolge per interessi prevalentemente economici.
4. Quanto alla donna che “il latte non ce l’ha” come scrive Lameduck vorrei citare il documento del Ministero della Salute del 2007 (governo Prodi) “Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno” (scarica QUI) a pagina 2
“il Ministero della salute, in conformità con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), raccomanda perciò, come misura di salute pubblica, che i bambini siano allattati esclusivamente al seno fino a sei mesi e che l’allattamento al seno continui poi, con adeguati alimenti complementari fino a che la madre ed il bambino lo desiderino, anche dopo l’anno di vita;
il Ministero della salute riconosce che l’allattamento al seno è un diritto fondamentale dei bambini e che è un diritto delle mamme essere sostenute nella realizzazione del loro desiderio di allattare nel rispetto delle diverse culture e nell’impegno a colmare ogni tipo di disuguaglianze. A parte rari e specifici casi in cui l’allattamento al seno è impossibile o controindicato, le donne che, dopo aver ricevuto un’informazione completa, corretta ed indipendente da interessi commerciali sull’alimentazione della prima infanzia, decidano di alimentare artificialmente i loro figli, devono essere rispettate per questa loro decisione e devono ricevere tutto il sostegno necessario a metterla in pratica nel miglior modo possibile. È compito degli operatori sanitari e sociali fornire alle donne informazioni corrette sui benefici e sulla pratica dell’allattamento al seno, in modo che le stesse possano prendere decisioni informate. Per garantire la massima indipendenza, queste informazioni non possono essere fornite da entità che abbiano interessi commerciali nella produzione, distribuzione e vendita di alimenti per l’infanzia e di strumenti per la loro somministrazione”
5. Quanto alle “ragadi che fanno male” (aspettavamo Lameduck per questa notizia sensazionale 🙂 sorry) esse si formano principalmente a causa di un’errata postura del bambino durante la poppata e non dovrebbero essere una causa di interruzione dell’allattamento, visto che è un problema che si può risolvere con facilità e con una buona informazione, che si può trovare dalle organizzazioni femminili di sostegno all’allattamento al seno, come il MAMI o La Leche League.
6. Nessuno ha mai pensato di colpevolizzare le donne che non allattano. Se Lameduck avesse letto bene i miei commenti avrebbe letto che una delle cose che ritengo maggiormente dannosa per l’equilibrio delle famiglie è proprio la colpevolizzazione dei genitori:
Infine, cara Lameduck, se tu scrivi che
non aiuti proprio nessuno ad utilizzare la psicologia e la psicanalisi quando qualcuno ha bisogno di un sostegno.
Neanch’io esercito, ma per motivi dovuti a mie difficoltà e anche a fattori economici, anche se mi piacerebbe lavorare soprattutto nel campo della prevenzione. Ma mi guarderei bene dall’affermare che la psicologia è un servizio sociale ben poco utile, come si deduce da ciò che scrivi!
Infine ti ringrazio per aver stimolato queste riflessioni, anche se rimango deluso della tua ignoranza e presunzione (scusami se insisto, ma mi piace dire le cose che penso chiare e tonde) su un argomento tanto rilevante.
Un abbraccio sincero
Giorgio
P.S. scusami se metto in rilievo la tua ignoranza sul tema, ma credo che la prevenzione e il benessere di donne e bambini hanno la precedenza sulla tua sensibilità che spero di non ferire. Sono temi su cui è necessario essere estremamente chiari e c’è già abbastanza gente che diffonde disinformazione sul tema. Mi dispiace molto che proprio tu, che stimo molto su altri temi, debba fare ironia in un campo dove una maggiore attenzione è necessaria da parte di tutti.
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Perché fare prevenzione in questa forma di Franco Nanni
“Un altro aspetto che testimonia bene la nuova alleanza tra scienza e tradizione riguarda il modo di tenere fisicamente il neonato. Mentre dal moderno in avanti si è spesso teorizzato qualcosa come «non prenderlo in braccio se no lo vizi», i neonati dei nostri progenitori passavano gran parte del tempo addosso alla loro madre, che nel frattempo si dedicava ad altre diverse occupazioni; lo stesso fanno tuttora le donne in molte culture tradizionali di tutto il mondo1. Gli autori di un documentato e ampio studio2 sostengono che i bambini occidentali ricevono invece in prevalenza un accudimento distante sia di giorno che di notte, il che limita le stimolazioni sensoriali, i contatti pelle-pelle e sguardo-sguardo, e anche le vocalizzazioni e gli altri giochi sociali. Il contatto fisico per l’infante è dunque un nutrimento fondamentale sia sul piano psicologico che su quello neurologico3. I bambini che vengono portati addosso da un adulto per almeno tre ore al giorno, piangono tra il 40% e il 50% in meno della media4.
Ci è parsa quindi naturale l’aspirazione a una completa rifondazione dei nostri concetti di prevenzione del disagio psichico infantile, adolescenziale e adulto. Non è questa la sede idonea per una disamina completa di questa ipotesi, ma, come affermato alla fine del paragrafo precedente, è quanto meno possibile tradurre quanto emerso dalle nostre casistiche in obiettivi possibili per una prevenzione efficace.”
Promuovere, proteggere e sostenere l’allattamento materno a cura di Stefano Campostrini e Stefania Porchia
Allattamento materno: chi ben comincia … è a metà dell’opera!
Psicanalisi: una scienza per tutti !
Documenti da scaricare:
Dichiarazione degli Innocenti sulla protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno (UNICEF – OMS)
Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno (Ministero della Salute – 2007)
L’abbraccio mancato.
uomini e donne
amore e morte
spesso s’intersecano
senza spiegazioni apparenti
flirt, corteggiamento, abbordaggio, chat
donne che disdegnano, donne insultate, donne massacrate.
poi si parla dei massacri e di cosa gira per la testa agl uomini che massacrano
amore, non amore.
possesso, gelosia
un fenomeno di follia individuale o una lucida follia che ha messo radici in una società malata?
Non volevo scriverne qui, ma ne ho scritto in giro, tra un commento e l’altro.
QUI
MENTRE LAVORO PER VOI, IN ATTESA, ANCORA SULLE DONNE
commentando Paolo Barnard su Come Don Chisciotte,
poi sul blog di Lameduck
La supponenza del cretino
e infine sul blog di Galatea
Cretine o morte. L’amore ai tempi delle donne che non ci vogliono stare
E’ un discorso che continua da un po’, dal confronto con gli Uomini Beta, che non volevo nemmeno citare.
Si arriva ieri sera a un tema che potrebbe essere un binario morto, e invece è di estrema importanza: la distanza dal padre.
Che c’entra direte voi?
Eppure per un maschio non esiste sofferenza più grande.
Pensare di conoscere l’uomo che sulla terra ha le caratteristiche più simili alle tue, come nessun altro, e magari disprezzarlo, pensare che egli sia un inetto, un incapace o un malvagio.
Uno che semplicemente non ci vuole bene, non ce ne ha mai voluto.
Quante volte queste fantasie sul proprio padre sono presenti?
Quante volte il padre non si vede, non c’è, è semplicemente sparito.
Quante volte il padre è morto e questa morte è stata vissuta come una cattiveria, una tortura inutile subita magari da un bambino che qualcuno, senza capire e senza sapere, ha cercato di tenere lontano dal dolore, dall’unico sentimento reale in grado di salvare quel piccolo bambino.
Perché il dolore, se vissuto, è una ferita, magari grande, ma che si rimargina.
Mentre il dolore, semplicemente allontanato, diventa come una pustola che non guarisce mai, anzi crea una cancrena che si allarga sempre di più.
E’ semplice ignoranza, purtroppo.
Troppe volte usata a fin di bene, per “proteggere i bambini”.
Queste distanze sono in grado di creare disagi enormi, con anche grandi potenzialità distruttive.
Lo stesso discorso vale per le donne, distanti dalle madri.
Discorso lungo, troppo grande per un piccolo blog.
Basti pensare però che, alle volte, basterebbe un semplice abbraccio, per salvare una vita.
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