Da “Attivare le risorse del gruppo classe” di Mario Polito, pag. 304-305-306
Un insegnante descrive alcune difficoltà nella realizzazione di un progetto sulla collaborazione in classe:
“Vorrei riportare un fatto che mi è accaduto.
Insieme con i miei colleghi abbiamo elaborato un progetto sulla collaborazione, sullo star bene insieme.
Abbiamo presentato l’importanza di questo progetto ai genitori e agli studenti.
Nonostante il nostro impegno, abbiamo notato alcune situazioni sconfortanti.
Gli studenti avevano creato una gerarchia fra le varie materie: questo progetto di educazione ai sentimenti non veniva considerato alla pari delle altre materie, ma veniva percepito come un divertimento, come un giochino di socializzazione. In breve, come una perdita di tempo.
Quando si chiedeva loro: “Che cosa avete fatto a scuola?”, molti rispondevano frettolosamente: “Ah, niente. Abbiamo parlato”.
Probabilmente questi ragazzi ritenevano che la scuola fosse qualcosa di diverso.
“Scuola” nella loro mente è associata a spiegazione, interrogazione, voto.
Un’altra osservazione scoraggiante ci è stata presentata da alcuni genitori.
Venendo a colloquio, ci hanno chiesto costantemente: “Come va mio figlio ? Quanto si impegna ? Quali difficoltà incontra nella sua materia?”, ma nessuno di loro mi ha chiesto: “Cosa stanno facendo di interessante? In cosa consiste questa esperienza di collaborazione? Mio figlio e i suoi compagni stanno migliorando come persone? Come stanno cambiando le relazioni far di loro? Come si è modificato il clima in classe?”.
Mi rendo conto che non basta fare un progetto di educazione ai sentimenti o di apprendimento cooperativo.
Mi rendo conto anche che ci sono molte difficoltà, resistenze e svalutazioni verso l’approccio basato sulla collaborazione” .
E’ utile riflettere su questa contraddizione tra la nostra valorizzazione di progetti pedagogici di apprendimento cooperativo o di educazione ai sentimenti e la svalutazione che ricevono nella nostra società, dove si respirare costantemente un atteggiamento egocentrico di affermazione individuale, anche a scapito degli altri.
Possiamo notare che spesso, all’interno dei valori oggi dominanti, si tende a presentare la vita come una lotta, con l’unico obbiettivo di emergere.
Si esaltano i vincenti e si offendono i perdenti. Si suggerisce implicitamente che per emergere bisogna scalzare gli altri, che l’affermazione di uno consiste nell’esclusione di molti.
Questa è la trama del nostro modello culturale e sociale.
In alcuni contesti la gara comincia fin dalla scuola d’infanzia: bisogna raggiungere dei buoni punteggi per entrare nella scuola primaria, poi per accedere alla scuola superiore, poi per essere ammessi all’università , e infine per ottenere una buona sistemazione professionale.
La vita diventa una scalata per poter raggiungere i posti più elevati superando ed escludendo gli altri.
E’ una mentalità talmente diffusa e considerata normale che quando un insegnante propone dei progetti di apprendimento cooperativo, di collaborazione, di educazione ai sentimenti, viene frainteso dagli studenti, dai genitori e da quei dirigenti scolastici trasformati in manager di tipo aziendale.
Spesso i genitori chiedono ai figli: “Che voto hai preso?”, invece di domandare: “Quali esperienze avete fatto in gruppo? Che cosa è emerso all’interno della vostra classe? A cosa state lavorando insieme? Come riuscite a collaborare? “.
Generalmente i genitori manifestano poco interesse all’esperienza relazionale dei propri figli all’interno del gruppo classe. Mirano ai voti, al risultato.
Molti sono immediatamente pronti a giustificarsi: “Ma alla fine sono solo i voti che contano”.
Questo messaggio individualistico e competitivo si è ormai fortemente radicato nella mente e nel cuore degli studenti.
Forse sono proprio gli adulti che non credono abbastanza al valore della collaborazione a scuola.
Oppure presentano una singolare scissione: superficialmente, manifestano ammirazione verso i progetti di educazione alla collaborazione, ma in fondo pensano sia migliore la competizione, la selezione, il successo del proprio figlio rispetto agli altri:
“Gli altri che non riescono? Si arrangino. La scuola non è un istituto di beneficenza” .
La competizione è molto seduttiva: si insinua nella vanitosa aspettativa dei genitori di avere dei figli prodigio, si radica nell’egocentrismo esaltato di alcuni studenti che, per mancanza di una autentica autostima, hanno bisogno di essere considerati i migliori per sentirsi superiori.
Naturalmente, per raggiungere tale scopo, ci devono essere altri studenti da svalutare e da etichettare come inferiori.
Le domande pedagogiche che ci incalzano sono le seguenti:
Quale tipo di società stiamo costruendo o vogliamo costruire?
Una società competitiva o collaborativa?
Qual è la funzione della scuola in una società competitiva?
Qual’ è la sua funzione in una società collaborativa?
La scuola è al servizio degli interessi economici centrati sul profitto e sulla competizione di mercato?
Oppure è un luogo formativo per tutti, dove ciascuno può dedicarsi all’esplorazione dei propri talenti e alla formazione delle proprie competenze professionali, ma anche culturali ed esistenziali?
Possediamo una cultura della solidarietà e della costruzione del bene comune?
Le risposte a questi interrogativi sono per il momento scoraggianti.
Tuttavia, il compito dell’insegnante è di stimolare ogni studente a porsi domande sul tipo di società in cui viviamo e di orientare un pensiero comune verso la costruzione di progetti esistenziali più autentici, sia personali che sociali.
__________________________________________________________________________________________
La scuola avrebbe bisogno di risorse e di formazione, i nostri ragazzi ne hanno bisogno
e invece …
Tagli alla scuola pubblica
Il Governo Berlusconi mantiene la promessa: 36.218 docenti e 4.945 classi in meno, a fronte di un aumento di 37.876 alunni. La dieta imposta all’istruzione non migliora la qualità della scuola: nel dossier 2009 di Legambiente i tagli all’istruzione dal 2002 al 2010
Scarica qui il dossier completo di Legambiente
Un ringraziamento all’autore, Mario Polito, che ha gentilmente autorizzato la pubblicazione del brano e al Gruppo Comitati-Genitori da cui ho ricevuto la segnalazione.
Articoli correlati:
Articolo interessante, pur se non originalissimo…
E’ ovvio che, nell’ambito di una società capitalistica, venga ipostatizzata la competizione, e quindi che la scuola venga concepita come preparazione non solo cultural-nozionistica, ma anche alla “lotta”.
Mi sovviene, per attinenza, un bel libro che vi consiglio: “Giochi finiti ed infiniti” di Carse.
Veramente interessante quello che viene fatto notare.
La competizione che ormai è insita in noi e anche la scuola non fa eccezione.
Condivido lo spirito giosby, ma forse non sempre la competizione è negativa.
Esiste sempre un modo costruttivo di agire che porta ad una competizione sana che sfocia
nella collaborazione/condivisione.
Non so, è una cosa su cui devo riflettere.
Secondo te la competizione è sempre negativa?
No non sempre, per esempio …
http://www.ag-visentin.it/UserFiles/Image/Tiro%20alla%20fune.jpg
Hai ragione S. bisogna rifletterci meglio.
…hai avuto modo di leggere gli articoli di GiM pubblicati sul sito: http://www.educationduepuntozero.it ?
Scusa ho corretto l’indirizzo Website.
…hai avuto modo di leggere gli articoli di GiM pubblicati sul sito: http://www.educationduepuntozero.it ?
No, Flavio.
Conosco il sito ma non ho avuto modo di approfondire.
Chi è GiM? Se segnali i links degli articoli li leggo volentieri, e magari anche qualcun altro.
Grazie
…Genitori in Movimento
Quali opportunità di partecipazione per i genitori nella scuola? Aspettando le elezioni, e dopo…
http://www.educationduepuntozero.it/Community/2009/10/06/genitoriinmovimento.shtml
Dopo le elezioni, quale partecipazione…
http://www.educationduepuntozero.it/Community/2009/11/26/genitoriinmovimento2.shtml